LA PSICANALISI SECONDO
SCIACCHITANO

"TU PUOI SAPERE, SE ABBANDONI I MITI"
creata il 25 aprile 2010 aggiornata il 7 luglio 2011

 

 

Tu puoi sapere, se abbandoni la mitologia

Vieni da “metapsicologia freudiana” o da qualche pagina dove si deplora la scarsa scientificità di Freud e la sua inclinazione al pensiero mitologico.

Il mito, letto di piume del pensiero. F. Nietzsche, 1875

Parlando questa pagina di mitologia freudiana, forse ti interessa consultare la pagina

"Che cos'è la mitologia".

En effet, qui utilise, quelle place tient dans une analyse la référence à ce fameux complexe d'Œdipe? J. Lacan, Le Séminaire. Livre XVII. L’envers de la psychanalyse (1969-1970), Seuil, Paris 1991, p. 113.

La giovane scienza freudiana – unsere neue Wissenschaft, come la chiamava affettuosamente Freud – è rimasta giovane, anzi infantile. Freud stesso nella lettera a Fliess del 1 febbraio 1900 dichiarava di non essere un uomo di scienza. Provo a correggere in parte questo giudizio di Freud su di sè alla pagina

Freud uomo di scienza.

Tenuta a balia dalla medicina, che le ha fatto inghiottire l’eziologia delle scene sessuali infantili o il trauma originario, la fantasia teorica della nuova scienza inclina da subito verso la rêverie mitologica. Controllando per eccesso di scrupolo sul Larousse se mettere l’accento acuto o circonflesso o tutti e due a rêverie, leggo: état de distraction pendant le quel l’activitè mentale n’est plus dirigé par l’attention et s’abandonne à des souvenirs, à des images vagues. Insomma, sottomesso alla regola analitica fondamentale, Freud produce miti a partire da vecchi ricordi scolastici, probabilmente per consentire il ritorno di ricordi più antichi o addirittura mai registrati dal soggetto, se è vera l'ipotesi della Urverdrängung. Tecnicamente parlando, i miti freudiani sono sogni a occhi aperti, Träumereien. In quanto tali hanno un valore, seppure negativo, non trascurabile. Non sono del tutto inutilizzabili, contrariamente a quanto insinua Lacan nel seminario citato in esergo.

Se si esclude la farragine delle pulsioni ("Le pulsioni sono i nostri miti"), la mitologia freudiana rielabora sostanzialmente un solo mito: quello sofocleo di Edipo. I miei colleghi mi insegnano che nella sua lunga carriera di romanziere e mitopoieta Freud ha prodotto tre varianti del mito. Concordo con loro. La prima variante introduce a livello individuale il binomio fondamentale della soggettività freudiana: castrazione/parricidio. Siamo nei dintorni dell’Interpretazione dei sogni (1899). La seconda e la terza variante spostano quel binomio dal piano individuale a quello collettivo. (L’inconscio collettivo non fu inventato da Jung ma da Freud). In Totem e tabù (1913) Freud formula una versione pseudodarwiniana del mito e in L’uomo Mosé e il monoteismo (1938) ne dà una versione pseudobiblica, più romanzesca delle precedenti (anche più affascinante, forse perché sposta in secondo piano lo scibbolet freudiano, tipicamente ebraico, della castrazione). Di queste tre versioni, quella più scientifica, perché falsificabile (o perché supposta darwiniana?), è la seconda versione, nota come mito dell’orda.

In effetti, il mito dell’orda è falso – su questo punto concordano tutti gli antropologi – ma è falso in modo fecondo. Infatti, ulteriormente elaborato, produce un po' di verità soggettiva.
L’orda freudiana sarebbe una sorta di famiglia allargata, governata da un supermaschio, oggi si direbbe maschio alfa, che teneva sotto di sé le femmine e obbligava gli altri maschi all’omosessualità. Il Disagio nella civiltà indica chiaramente le componenti ideologiche che hanno generato questo mito. Nel suo congenito pessimismo (sintomo ebraico?), Freud ha una concezione astratta, alla Hobbes, della socialità umana. Presuppone all’inizio dei tempi una guerra di tutti contro tutti, in quanto l’uomo nascerebbe costituzionalmente eteroaggressivo: homo homini lupus. (Per inciso, questa concezione è scientificamente falsa e ingiusta con i lupi. Non esiste animale più sociale del lupo.) Solo l’avvento della società civile, attraverso il patto fraterno, metterebbe fine alla guerra fratricida, obbligando i singoli a rivolgere l’aggressività verso se stessi, trasformando l'eteroaggressività in autoaggressività. Questa teoria medica, che pretende spiegare la genesi della civiltà come una malattia autoimmune, pretende spiegare il disagio civile: il male di vivere in società, intrinseco a ogni società.

Tutto ciò è antropologicamente falso. In quanto tale non è da buttare, ma da ripensare. Come sostengo in questo sito, il falso, ha un suo valore (cfr. il mio Sul valore del falso). In quanto meno vero, il falso può portare il soggetto a un livello di maggiore verità, grazie all'elaborazione delle congetture iniziali.
Un modo fertile di ripensare il mito freudiano è quello proposto da Maurice Godelier nel saggio

Parricidio o sacrificio della sessualità?

dove, distinguendo tra sessualità-desiderio e sessualità-riproduzione, l'autore propone che non il parricidio, ma la riduzione dell'indiscriminata sessualità-desiderio avrebbe portato al tempo stesso alla riproduzione biologica della specie umana (sessualità riproduzione) e alla riproduzione dei primi schemi di convivenza civile, segnatamente i gruppi familiari all'interno dei primi assembramenti sociali, le bande. Oggi è di moda scrivere libri sugli errori di qualcuno. Si scrive sull’errore di Cartesio, sull’errore di Darwin, sull’errore di questo e di quello, nel presupposto implicito di possedere la verità. Poiché il mio assetto mentale è scientifico, non presumo di disporre della verità vera ma solo di alcune congetture verosimili. Qui non voglio pertanto scrivere sugli errori di Freud, sostituendoli con la mia verità. La mia congettura è che Freud abbia sopravvalutato famiglia rispetto alla società. (Un sintomo ebraico?) Oggi sappiamo che all’inizio non ci fu l’orda familiare, ma la banda, composta da unità debolmente organizzate in senso familiare. “Debolmente” significa che l’organizzazione civile della banda non era spinta al punto tale da stabilire un sistema di parentela. (Per questo ci vuole il linguaggio.) Ma proprio la debolezza familiare testimonia la precedenza della dimensione sociale su quella familiare. Il sociale impone alla famiglia dei vincoli, che sono tanto più forti quanto più la civiltà evolve nel senso della complessità dell’organizzazione comunitaria.

Con l’avvento di Homo sapiens si complica il processo di socializzazione avviato dai primi ominidi già sei milioni di anni prima. La società, preesistente alla famiglia, impose alla famiglia il compito di riprodurre non solo gli individui biologici, ma anche e al tempo stesso la parte di società in cui essa vive: il sistema di parentela. Questa imposizione ha un prezzo tuttora esigibile: per convivere con il proprio simile, l’uomo deve sacrificare parte della propria sessualità. Non può copulare “selvaggiamente” neppure in famiglia. Deve copulare fuori, per riprodurre, mentre riproduce se stesso, la società in cui è inserito.
Il divieto dell’incesto, che per altro già gli scimpanzè osservano naturalmente senza ricorso allo spauracchio della castrazione, è il portato dell’evoluzione sociale dell’uomo, che continua e prolunga quella biologica. Il mito freudiano è falso, ma contiene questa piccola verità scientifica. Il parricidio freudiano, con contorno di castrazione, è solo il falso travestimento di questa verità, come ai tempi di Totem e tabu aveva già sostenuto Westermark in polemica con Freud.

Detto questo, risulta inutilizzabile l’Edipo, come sostiene Lacan?

Certo, il mito di Edipo risulta difficilmente utilizzabile dalla dottrina logocentrica lacaniana, che riduce la funzione paterna a una metafora e l’espressione del desiderio a una metonimia. Non è per questo che abbandoniamo il mito freudiano. Lo teniamo ben presente come una particolare forma di pensiero – tendenzialmente paranoica – da evitare accuratamente nella teoria psicanalitica.

Il complesso d’Edipo, infatti, è una tipica formulazione dottrinaria antropomorfa, ultimamente paranoica: suppone che esista un soggetto persecutore del soggetto, il padre castratore, contro cui il soggetto supposto perseguitato vorrebbe rivalersi con il parricidio. È ora che la psicanalisi scientifica si liberi da questi fardelli antropomorfi e paranoici. Lasciamo la paranoia ai paranoici. Noi ci teniamo la scienza.

Come dicevo, Maurice Godelier ha fatto tentativi interessanti in questo senso, sostituendo al parricidio il sacrificio della sessualità ai fini della riproduzione e del mantenimento della stabilità sociale. Così, la sessualità “sacrificata” non riprodurrebbe solo la specie biologica ma anche la società culturale. Il presupposto dell’antropologia di Godelier è che l’ordinamento sociale preceda l’ordinamento familiare. La congettura è ragionevole anche dal punto di vista più lontano dalla psicanalisi: il punto di vista hegeliano, secondo il quale il diritto pubblico precede quello privato.

Ma, soprattutto, la congettura di Godelier è ragionevole dal punto di vista darwiniano. Porta acqua al mulino di Darwin in un punto controverso del suo “lungo ragionamento”: la selezione di gruppo o di specie, intesa come secondo livello selettivo, gerarchicamente superiore alle due selezioni, che avverrebbero a livelli gerarchicamente inferiori: la selezione individuale (sul fenotipo) e la selezione genetica (sul genotipo). Se una specie adotta un comportamento vantaggioso per tutti, anche se moderatamente svantaggioso per il singolo, quella specie sopravvive più facilmente, cioè ha più discendenti. Per giustificare questa congettura non occorre pensare in termini utilitaristici di stampo antropomorfo (per esempio, come Freud, ricorrendo alla trasmissione ereditaria dei caratteri acquisiti o a qualche finalità inconscia), tanto meno in termini vitalistici (per esempio, come Bergson, supponendo un principio di energia o di intenzionalità, intrinseco alla materia vivente, come recentemente riproposto da qualche cognitivista). Basta pensare in termini di teoria dei giochi. Dalla teoria dei giochi, come fu genialmente sviluppata negli anni Cinquanta da John F. Nash jr., sappiamo che ogni gioco ha almeno un punto di equilibrio verso cui il gioco tende, anche se i giocatori non cooperano tra loro. (Non occorre pensare in termini finalistici, supponendo che i giocatori mirino a equilibrarsi). Il gioco della sessualità, come tutti i giochi, ha almeno un punto di equilibrio vantaggioso per tutti, che prevede un piccolo sacrificio per tutti. Il gioco, soprattutto, non è a somma zero (la mia vincita è la tua perdita e viceversa), ma tutti vincono (alla fine) e tutti perdono (all'inizio). La dimostrazione di Nash usa il teorema del punto fisso di Brouwer, per far vedere che l’equilibrio del gioco è un insieme di punti stabili (stazionari, si dice in termini tecnici), determinato dalle regole del gioco e dalle funzioni di pagamento per ogni giocatore e per ogni sua strategia. L'equilibrio si raggiunge meccanicamente, unicamente per “azione di massa”, come si stabilisce l’equilibrio chimico tra reagenti e prodotti in una reazione chimica o l’equilibrio termodinamico tra corpi a temperature diverse in una macchina termica.

Non minore tra gli inquinamenti antropomorfi della teoria psicanalitica, ultimamente derivanti dalla mitologia freudiana, va annoverata l’universalità del senso di colpa. Anche questa è una forma di paranoia (un sintomo ebraico?), sebbene invertita e introiettata nel soggetto, invece che proiettata sull’altro. I momenti sarebbero due.
Primo momento: l’altro, tipicamente il padre, viene considerato persecutore.
Secondo momento: ci si sente in colpa per essersi ribellati all’autorità dell’altro, magari per aver desiderato ucciderlo (senso di colpa edipico).
Come si vede, buttare a mare il freudismo di Freud, in particolare il suo mitologismo, non impedisce (consente?) di pensare l’eredità di Freud in termini scientifici.

Ma questo è solo un inizio,

come si diceva nel famoso Maggio Francese.

*

Sull’origine della mitologia freudiana.

Le coincidenze hanno scarsissimo valore statistico. Praticamente sono la conseguenza necessaria dell’istituzione di un contesto simbolico. Un contesto simbolico è un insieme finito di coppie: posti e simboli, palline e scatole, piccioni e buchi di una piccionaia. La probabilità che almeno in una coppia si verifichi la concidenza tra simbolo i–esimo e posto i–esimo è poco meno di 2/3 e, dopo 10 coppie, non varia sostanzialmente con il loro numero. Troppa alea per stabilire una qualsiasi correlazione, ma abbastanza per fantasticare, cioè per pensare, direbbe Freud.
La coincidenza che mi fa pensare cade nell’anno 1895. In tre settimane di lavoro furioso, Freud butta giù il Progetto per una psicologia. Non lo termina perché gli viene lo sbocco. Che cosa lo nausea di questo lavoro? La scientificità. Il 27 aprile 1895 scrive a Fliess: “Scientificamente sono messo male”. Poco dopo conclude: “Non ne voglio più sapere di scienza” (16 agosto 1895).

Cosa era successo?

Stava succedendo che parallelamente al Progetto Freud lavorava all’eziologia delle psiconevrosi. I risultati saranno presentati nell’Eziologia dell’isteria del 1895 e nella Favola di Natale, annessa alla lettera a Fliess di Capodanno 1896.
Che correlazione c’è tra i due eventi?
Non c’è nessuna correlazione. C’è, forse, un’anticorrelazione. Nel Progetto Freud non parla direttamente di sessualità. Parla di sessualità come uno tra i tanti stimoli interni, ad esempio mangiare e respirare, che richiedono un’azione specifica esterna affinché la loro stimolazione sia ridotta. (Questo principio di costanza tornerà nella Seconda Topica). Nell’Eziologia, invece, parla direttamente della sessualità (infantile) come causa delle psiconevrosi. I due lavori si situano su sponde contrapposte. Con una leggera forzatura si può dire che il lavoro scientifico sta sul versante dove non si parla né di sesso né  di cause; il lavoro medico, invece, sta sul versante opposto, dove si parla e di sesso e di cause. Freud deve scegliere. Sappiamo purtroppo cosa sceglierà. Opterà per il versante medico e abbandonerà per sempre quello scientifico. Gli epigoni benevolmente giustificheranno questa esecrabile decisione con la perdita di interesse per la neurologia, che aveva creato a Freud troppe difficoltà, e l’aumento di interesse per i problemi psicologici e clinici – che è ancora una giustificazione prettamente medica. Ma forse la storia si può raccontare in modo diverso e più piccante. (0)

Si sa bene che il discorso medico è un discorso eziologico. Cerca le cause delle malattie e le controcause che possono combatterle. Da una parte la medicina ha a che fare con gli agenti morbosi, dall’altra con gli agenti terapeutici. Oggi, dopo la decostruzione di David Hume, si sa che il principio di ragion sufficiente non ha alcuna validità teorica. L’essere non coincide con il dover essere. Tuttavia, quel principio ha una sua validità pratica, che consente ai giudici di incriminare i criminali e ai medici di individuare gli agenti morbosi e curare le malattie. Naturalmente, con intrinseche e irriducibili probabilità di errore sia giudiziario sia medico. (1)

C’è però un particolare per cui la scelta di Freud di porsi sul terreno medico risulta a tanti anni di distanza singolare. Forse questo stesso particolare può spiegare la nascita della mitologia freudiana, estesa dal complesso di Edipo alla metapsicologia delle pulsioni. Freud localizza le cause di nevrosi nella sessualità. Questa mossa non è scientifica. Infatti, la scienza biologica, NON sa a cosa serva la sessualità all’individuo. Dal punto di vista selettivo la sessualità rappresenta uno svantaggio per l'individuo. L’animale che copula è alla mercè dell’aggressore. La pianta che disperde il polline spreca molta energia per produrre semi che non attecchiranno mai. In ogni caso la sessualità conserva e trasmette solo metà del patrimonio genetico individuale. Passando dal genitore al figlio, metà dei geni si perde. Perché si fa sesso, allora? Tuttora, gli uomini di scienza non sanno dire perché buona parte della massa vivente (ma sicuramente meno della metà, considerando virus e batteri) abbia adottato il meccanismo sessuale per riprodursi. Insomma, delle due l’una: o la sessualità non è riconducibile a una causa biologica o è una causa che produce effetti negativi sul singolo. (2)

Ecco, allora, delinearsi la speciosità del discorso freudiano. Essendo eziologicamente vuota, la nozione di sessualità si presta molto bene come ricettacolo di cause immaginarie, ruotanti tutte intorno al principio – più immaginario che reale – di godimento. (3) Là dove non esistono cause, tutte le cause diventano possibili, anche le più fantastiche. La mitologia freudiana non è altro che la proliferazione romanzesca di cause immaginarie, nel vuoto siderale delle cause reali. Nasce così la metapsicologia freudiana, che essendo una dottrina, non ha alcuna possibilità di essere confutata dall’esperienza. Le dottrine, infatti, si possono solo confermare, mai confutare. Così noi ci troviamo tra i piedi una metapsicologia, di cui non sappiamo che farcene, non avendo alcuna intenzione di confermarla per ragioni epistemiche, che ormai dovrebbero essere evidenti a tutti.
Tuttavia, possiamo non restare con le mani in mano. Possiamo riprendere in mano il Progetto che Freud ha verworfen, rigettato. La Verwerfung di cui i lacaniani amano tanto parlare è in verità la fuorclusione freudiana della scienza – fuorclusione che ora noi, proprio in quanto freudiani, possiamo rovesciare, rigettando la mitologia freudiana e recuperando la scienza.  Ribaltando la dottrina lacaniana, diciamo che non è la scienza a fuorcludere il soggetto – questo è un luogo comune della fenomenologia in polemica con l’epistemologia obiettivista del positivismo, che oggi ha più seguito. Diciamo, piuttosto, che è la mitologia della causa – che tanto peso ha anche nell’insegnamento lacaniano – a fuorcludere la scienza insieme al suo oggetto – l’infinito. Tornare all’interrotta psicanalisi scientifica, ci sembra il vero ritorno alle origini della psicanalisi freudiana. And den Anfängen der Psychoanalyse, come si dice in tedesco.

Wozu? ci chiede il tedesco.

E rispondo: “Per ricuperare la dimensione di quell’oggetto non categorico – l’infinito – che le scienze moderne trattano in tanti modi diversi. Sono, infatti, convinto che, oltre al modo matematico, fisico, biologico, sociologico, linguistico di trattare l’infinito, esista anche il modo psicanalitico di trattare l'oggetto della modernità. E che sia un affascinante campo di ricerca, forse addirittura più ricco di possibilità di quelle offerte dalla mitologia freudiana. (E' questa la ragione per cui curo quotidianamente questo sito.) Con un concreto risvolto politico, specifico della politica della psicanalisi. Poiché l'infinito è un oggetto non categorico, non esiste il maestro che ne possa raccontare tutta la storia. Accettando di diventare una pratica dell'infinito, la psicanalisi chiuderà la prima fase del suo sviluppo, cioè la fase infantile delle dottrine dei maestri. Imboccherà la strada scientifica delle congetture che saranno sottoposte al processo collettivo di verifica e confutazione. Una volta adottato l'infinito come oggetto, le piccole chiese psicanalitiche, nonché i grossi ordini professionali orientati alla psicoterapia, potranno chiudere i battenti. Con probabile vantaggio degli analizzanti”.

Da ultimo segnalo un'interpretazione strettamente freudiana del mitologismo eziologico di Freud.

Il ferreo determinismo psichico freudiano, che anima tutta la metapsicologia delle pulsioni, è la trasfigurazione “dotta” (si tratta di una dottrina medica) del discorso astrologico. Si tratta al fondo del principio secondo cui il tempo e il luogo della nascita, cioè l’origine dell’essere, determinano TUTTO l’essere. Rank dice la verità di Freud: tutto dipende dal trauma della nascita. Freud non accetta incondizionatamente la proposta di Rank, perché ha la coda di paglia: sa che nel suo caso è vero. Ricercare dappertutto la causa è un modo simbolico, in parte colto e in gran parte ignorante, per ricercare dappertutto la figa, considerata come causa “apparente” primaria della vita e dei fenomeni vitali. L’edipo freudiano è il tentativo mitologico di Freud di prendere le distanze da ciò che ricerca ossessivamente di avvicinare: la causa freudiana per eccellenza è il sesso materno. Allora, così come torna il rimosso, l’Edipo torna nella mito-psicologia delle pulsioni, che sono intese come forze vitali. Vitalismo e determinismo sono le colonne della “biologia” freudiana, più freudiana che biologica, più ilozoista che scientifica.

Non molto diverso da Freud è il filosofo che specula sulla biopolitica. Il filosofo e lo psicanalista hanno in comune l’assetto ippocratico, ultimamente eziologico, del pensiero. Entrambi dimenticano l’aforisma 121 della "Gaia Scienza": Das Leben kein Argument, la vita non è un argomento. La vita, infatti, è un argomento mitologico, ultimamente orientato in senso teologico e misticheggiante. Regolarmente la vita e il vivere sono l'argomento dei miti, tanto che Raimon Panikkar raccomanda al teologo di amare i miti. Sicuramente un Jung ha messo in pratica la raccomandazione di Panikkar ante litteram. Freud, forse, non del tutto, fissato com'era a un unico mito, l'Edipo in tutte le sue varianti. Sulla differenza di posizione di fronte alla mitologia tra Freud e Jung rimando alla fine della pagina su Jung.

*

Per finire segnalo un inghippo epistemico legato ai miti, che porta inavvertitamente a scivolare in una qualche forma di religione più o meno larvata, più o meno laica.

Il guaio dei miti è che sono così numerosi che uno rischia o di scegliere quelli che sostengono i propri pregiudizi o di attribuire più peso a quelli che confermano le proprie preconcezioni e meno a quelli che le confutano. Freud sceglie Edipo – il figlio che uccide il padre – e nelle 7000 pagine dei suoi Werke non ricorda Abramo – il padre che uccide il figlio. È vero che cita il mito di Cronos, ma non lo pone a fondamento della propria metapsicologia. Non cita il mito di Abramo perché era ebreo? No, perché era religioso.

Come salvaguardarsi dal rischio religioso?

Con la logica.

Basta ricordare il principio logico del modus tollendo tollens. Se A implica B e mi trovo di fronte a non B, concludo che non A. Più semplicemente, le congetture (le premesse) si confutano, non si confermano. Le conferme servono solo ad accrescere l’illusione che la congettura sia sensata. Infatti, le mitologie religiose, che non si confutano, ma si confermano in base alla propria esperienza personale, servono solo a dare un senso alla vita. E dove c'è senso, per lo più generato da un pregiudizio latente (quasi sempre teleologico), c'è religione. Perciò la religione, non la scienza, vincerà sempre la partita, anche se giocata da un uomo di scienza. Da ateo dichiarato Freud scrisse l'Avvenire di un'illusione, ma rimase inconsciamente religioso. Professava la religione dell'Edipo, di cui era il Papa. Ordinava i propri preti, imponendo la formazione psicanalitica. Predicava il senso edipico come senso dell'analisi. Centrata a questo proposito è la frecciata di Lacan: "La vera formula dell'ateismo è che Dio è inconscio" (J. Lacan, Le Séminaire. Livre XI. Les quatre concepts fondamenteaux de la psychanalyse (1964), Seuil, Paris 1973, p. 58).

Note

(0) Qui si impone un breve détour psicanalitico, propriamente freudiano, ma non ortodosso, che vada all'"ombelico" dell'interpretazione dei sogni. Nella notte tra il 23 e il 24 luglio 1895 Freud sogna il "sogno di Irma". Cinque anni dopo, nella Traumdeutung, presentandolo come sogno campione, Freud ne dà un'interpretazione banale, che nasconde l'evento epocale. Il sogno giustificherebbe il sognatore per il fallimento dell'analisi di Irma, perché Irma o avrebbe avuto una malattia medica o non avrebbe voluto riconoscere la causa sessuale della propria malattia. (L'argomentazione freudiana è del tipo del "paiolo bucato"). Avrebbero potuto curarla i colleghi medici che compaiono nel sogno – e nessuno ci fa una bella figura, Freud compreso, che ragiona da medico sul fallimento della propria terapia. Eppure è evidente: il sogno realizza il desiderio isterico di Freud, che rimarrà insoddisfatto, di abbandonare la medicina – con le sue sporche manipolazioni di siringhe infette – per passare alla "nuova scienza". La formula di struttura della trimetilamina, "la cui formula vede stampata a caratteri cubitali davanti a sé", è il manifesto onirico del programma scientifico di Freud, che tuttavia non coglie il messaggio del proprio inconscio. Per recepirlo Freud avrebbe dovuto attraversare la "gola profonda" di Irma ("la bocca si apre bene"), paurosa immagine dell'infinito. Freud, esita, trema e fa marcia indietro, per non sentire una parola di verità – una parola al femminile! – sull'oggetto infinito del desiderio. La psicanalisi scientifica non avverrà. Il Progetto sarà dimenticato. La psicanalisi sarà lasciata in mano alla lobby medica, che la trasformerà in psicoterapia conformistica. L'isteria non troverà la propria cura e sarà addirittura depennata dalle ultime edizioni del DSM. Nel 1955 – settant'anni dopo, nel Secondo Seminario – Lacan sfrutterà questo sogno per ipnotizzare gli allievi con la propria fumosa dottrina dei tre registri soggettivi di reale, simbolico e immaginario. Sarà così censurato per la seconda volta l'evento che stava per realizzarsi. La psicanalisi scientifica rimarrà un sogno. Per la seconda volta il sogno scientifico di Freud non si realizzerà. Ci sarà mai una terza censura? (Torna su)

(1) Si tratta dei falsi positivi (diagnosticare il cancro quando il cancro non c’è) e dei falsi negativi (non diagnosticare il cancro quando il cancro c’è). Il rapporto tra questi due errori dipende dalla distribuzione di probabilità di certe variabili aleatorie. Ma il determinismo del principio di ragion sufficiente non ammette la variabilità aleatoria, quindi non sa (e non vuole) saperne dei propri errori. (Torna su)

(2) Qui ci sarebbe da prendere in esame l’ipotesi darwiniana della selezione sessuale, che tuttavia opera su caratteri arbitrari, casualmente generati per mutazione genetica, i quali non producono in generale alcun vantaggio selettivo per la specie. Che i pavoni con la coda più grande siano preferiti dalle pavoncelle non produce nessun miglioramento in termini di sopravvivenza della specie pavone, ma solo della razza di pavoni con coda grande.
Inoltre, si presenta l’arduo problema di come concepire il passaggio dal potenziale svantaggio del singolo al vantaggio collettivo della cooperazione sociale – nel caso sessuale. È, infatti, chiaro che la riproduzione sessuale rappresenta un vantaggio collettivo nella misura in cui favorisce la variabilità genetica grazie al campionamento e alla ricombinazione. (Torna su)

(3) Freud non formula un principio di godimento ma di piacere, il Lustprinzip. Ricordo che la lingua tedesca non distingue tra “piacere” e “godimento” con due sostantivi ma con due preposizioni diverse applicate allo stesso sostantivo. Il Lust an inclina verso il piacere o l’intenzione piacevole, il Lust auf verso il godimento o la voglia. Inoltre Genuss significa “godimento” nel senso dell’uso e del possesso, regolati in senso giuridico. La speculazione lacaniana, che nel tempo è andata attenuando la prevalenza logocentrica del simbolico sul soggetto, rivalutando la dimensione dell’immaginario attraverso l’ambigua nozione di sembiante, si è parallelamente spostata dal desiderio al godimento. (Torna su).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SAPERE IN ESSERE

SAPERE IN DIVENIRE

Torna alla Home Page